BLADE RUNNER: un po' di antipatico revisionismo



Negli ultimi quattro giorni, ho preso Blade Runner, l'ho schiaffato in una macchina virtuale con su Windows 98 e, con tutta la strabiliante potenza di un Pentium a 150 mhz, l'ho rigiocato tutto. Qui il link: https://www.youtube.com/watch?v=xa3CSuXKgMg



Blade Runner è uscito nel mese di Novembre del 1997, ben 21 anni fa (ARGH!), per essere salutato immediatamente e pressappoco all'unanimità come capolavoro.


Contestualizziamo un attimo la cosa: le avventure grafiche tiravano ancora un po' nonostante il brutale rallentamento, ma la loro evoluzione era tumultuosa a dire poco, considerando che un punta-e-clicca ultraclassico come impostazione quale Gabriel Knight era uscito da nemmeno quattro anni, eppure a confrontarli visivamente sembra che quest'ultimo appartenesse alla preistoria (di certo un effetto che giochi vecchi di quattro anni fa rispetto ad oggi non ci fanno, es. Bayonetta 2 o Far Cry 4). Il mercato e la tecnologia correvano a velocità folli e tra le avventure grafiche in molti avevano preso strade sbagliate o vicoli quasi ciechi come i giochi in FMV.

La cantonata degli FMV (genere rispettabilissimo ma che venne interpretato con difficoltà e limiti tecnologici) era figlia anche della voglia di maturità dei videogiochi. Maturità che si declinasse in storie adulte e competitività col cinema. Fino a questo momento, le prime le si trovavano solo in pochissimi giochi ancora tecnologicamente vecchi (320x200 a 256 colori come Beneath a Steel Sky o Dreamweb), la seconda non era di fatto mai esistita, e gli FMV sfociavano in risultati spesso mediocri quando non comici.

Blade Runner si qualificava da solo: il tema della vita sintetica, il futuro distopico, uno sviluppatore chiamato Westwood che non aveva sbagliato praticamente niente nella sua storia.

Improvvisamente, il videogioco poteva definirsi "per adulti", con una storia strutturata, pensata come uno screenplay di un film, ed un budget milionario che permetteva filmati su filmati. 

Successo strameritato e gloria strameritata.

Come dicevo, però, io l'ho ripreso nel 2018 ed a Blade Runner nel frattempo si sono legate spiacevoli storie di incompatibilità e irreperibilità. Nessuno store digitale lo ha mai venduto per i noti inghippi di copyright che bloccano questo come altri giochi su licenza; inoltre, da Windows Vista in avanti non ne ha voluto sapere di partire in nessun modo e persino su molti sistemi con Windows XP si verificavano problemi che lo rendevano ingiocabile. Significa che Blade Runner è diventato inaccessibile da pochissimo tempo dopo la sua pubblicazione. Chi lo giocò alla sua uscita, presto non ha potuto più farlo, e chi ne aveva sentito parlare così bene non ha potuto acquistarlo e provarlo.

Il mito di Blade Runner nel frattempo è montato e non s'immaginerebbe quanto. Da capolavoro quale effettivamente era è diventato una leggenda, un sogno ormai irraggiungibile, l'avventura perfetta. E la memoria, del resto, è selettiva. Io ne ricordavo pochi frammenti, ma erano fantastici.

Immagino che agli occhi di un giocatore del 2018, il capolavoro che è stato rimarrebbe celato, e che per apprezzare la grandezza che caratterizzò Blade Runner ci sia bisogno di conoscenza storica e capacità di contestualizzazione. 

La parte iniziale rimane impressionante. Spettacolare uso della tecnica (parliamo di Westwood), doppiatore del protagonista che è Michele Gammino (lo stesso di Harrison Ford nel film) ed un impianto ludico sorprendentemente contemporaneo. L'intuizione della Westwood fu quella di divincolare il suo prodotto dagli schemi tipici delle punta-e-clicca, quindi liberandosi degli enigmi da inventario e costruendo una detective story con tutti i crismi in cui la risoluzione del mistero è legata all'analisi delle scene, ai dialoghi con gli NPC e qualche sporadica sparatoria.

Sembra la versione scorrevole e pienamente giocabile di tante intenzioni conosciute nei Tex Murphy con in più la licenza delle licenze. Difficilmente un appassionato di Blade Runner poteva desiderare un tie-in migliore di questo.


Se questo modello ludico-narrativo era dirompente e fondante, almeno a questi livelli, per un filone di avventure di oggi, dall'altro mette in mostra molti limiti tipici dei pionieri. Rimanendo con la stessa Westwood, accade lo stesso con Dune II, che definisce ad esprime i connotati di tutti gli RTS dalla sua pubblicazione ad oggi, difettando però delle rifiniture che ormai fanno la differenza.

Blade Runner sogna e prova a concretizzare uno scenario vivace dove i character non restano fermi in una locazione ma si muovono, vivono di vita propria. Ci aveva già provato qualcuno in passato, ed era già noto che i vantaggi in un'avventura grafica erano questionabili: in un genere fatto spesso di riferimenti, il non poter più contare sulla certezza di un evento diventa irritante. Ed infatti, spesso in Blade Runner dovremo passare in rassegna tutte le locazioni per vedere se, in maniera del tutto arbitraria, qualcosa sia cambiato, anche semplicemente uscendo e rientrando da una stanza. Sono quelle cose che o si fanno bene o è meglio non fare per nulla a mio avviso. Tutto ciò finisce con l'annacquare l'esperienza e, specialmente nelle fasi finale, diventa una zavorra che trattiene il giocatore fin troppo e fin troppo pretestuosamente a distanza dal finale.


La trama del gioco è adatta alla lore di Blade Runner, ha il merito di mostrare un canovaccio di eventi potenzialmente molto interessanti. Tuttavia, il lato registico soffre di alti e bassi. Mentre da un lato riesce a riprodurre con scupolosità ambienti ed atmosfere che non possono non emozionare il fan della pellicola, dall'altro si perde in un racconto quasi sempre sbrigativo di ogni evento. Ci si sposta tanto in un continuo rollercoaster di locazioni fantascientifiche ma in nessuna di esse vi è il tempo di costruire per bene i personaggi. Ad eccezione di Lucy, tutti sembrano delle comparse ipercaratterizzate. Il tizio con la giacca rossa, Dektora, i gemelli siamesi. Ma più di tutti Guzza. L'arcinemico del gioco lo
incontriamo pochissime volte, ci parla poco, è persino il personaggio peggio modellato, eppure è la mente che architetta il nostro inganno. Lo vediamo un paio di volte al commissariato, poi quando lo ammazzano e così se ne va in totale anonimia. 

Trovo che il miglior personaggio sia Lucy, ma la fragilità di questo essere viene comunque trattata in maniera superficiale e frettolosa.


Di certo non aiuta il doppiaggio, che nell'occasione del protagonista è spesso criticabile nella recitazione nonostante l'ottima voce, e che sfocia in situazioni tragicomiche nei personaggi secondari. Guzza e i replicanti godono di un buon lavoro, ma cosa dire del giapponese degli occhi? O la signora giamaicana con l'accento spagnolo che parla "l'italiondo, l'italiano del terzo mondo"? L'atmosfera di gioco viene letteralmente dilaniata da siparietti comici involontari che durante la live non hanno mancato di suscitare ilarità nel pubblico. Mettiamoci anche che il doppiaggio è palesemente stato effettuato senza una contestualizzazione scenica, con frasi recitate in maniera slegata tra loro che fa anche perdere il senso del discorso. Non mancano errori di traduzione grossolani che culminano nel finale di Lucy che ho mostrato in video dove McCoy le chiede "Sei pronta?" e lei che colma di emozione risponde "Sono io!", disastrosa traduzione di "Are you ready?" "I am", proprio nel finale di gioco, in una delle scene più importanti.




Non mancano difetti di puro gameplay. Il quarto atto è zoppicante, costringendoci a muoverci nelle fogne, rendendo lungo lo spostamento tra una locazione e l'altra, mentre nel frattempo avremo i poliziotti alle calcagna che in maniera casuale spunteranno nelle schermate freddandoci all'istante e costringendoci a salvare spessissimo. Mi sento di poterlo affermare serenamente: le splendide qualità che Blade Runner mostra nella sua prima metà si perdono a un certo punto nella necessità di dover ancora costruire delle ore di gameplay senza avere le idee o semplicemente tempo e risorse per realizzarle.

Sono critiche che mi permetto di muovere sinceramente senza voler mancare di rispetto al gioco, e mi rendo conto che possano essere considerate anche ingenerose vista l'anzianità. Ho il sospetto, tuttavia, che il forte richiamo della licenza, che magari ha avvicinato i giocatori per la prima volta ai videogame (e che quindi legano a Blade Runner il ricordo di un'esperienza specialissima), aggiunto all'inaccessibilità che ha caratterizzato questo prodotto per moltissimi anni, abbiano oscurato problemi leggeri e non tanto leggeri di questa produzione. Ed è bellissimo che vada così, evviva le leggende!

Il mio appunto arriva da chi, ricordando Dreamweb, Beneath a Steel Sky e Gabriel Knight, si è reso conto che una storia adulta e molto bella da giocare si poteva raccontare meglio anche nel 1997.

Evviva Blade Runner, che è un fantastico gioco ma non un capolavoro assoluto!

Commenti

Post popolari in questo blog

SUNSET: il canto del cigno dei Tale of Tales

ALUM: la dottrina cristiana alla base di un'avventura grafica