Abyss Odyssey: l'erede involontario di Shadow of the Beast



Adoro l'ACE Team. Giocai prima Zeno Clash, poi Zeno Clash 2, infine questo Abyss Odyssey. Questo sviluppatore ha messo insieme una lore molto originale, situata in una dimensione oggettivamente difficile da collocare. I mondi sono popolati di creature fantastiche e meccanismi inverosimili ma alcuni passaggi rivelano una fortissima vicinanza alla realtà che ognuno di noi vive, come quel momento in cui, in Zeno Clash 2, ci si trova a parlare con un golem con i palazzi di una moderna metropoli in secondo piano.

Anche Abyss Odyssey racconta uno squarcio tra il mondo reale e quello dei mostri, apertosi forse in Cile, considerando le divise dei soldati e le origini dell'ACE Team, che la terra di provenienza l'hanno omaggiata sempre.


Lo squarcio nasce dal potere di uno stregone, caduto in un sonno infinito. Nessuno riesce a svegliarlo ed i suoi sogni prendono forma minacciando la gente comune. Si è aperto un abisso che contiene di tutto e nessuna squadra di soldati riesce a sopravvivere abbastanza da vedere cosa si annidi sul fondo.

Nel sogno dello stregone, però, ci sono anche gli eroi, che senza sapere il come o il perché si ritrovano vivi e con il solo scopo di affrontare i nemici e supportare la giusta causa dei soldati.

Ve lo ricordate Shadow of the Beast, vero? L'uomo-capra correva a destra e a manca in un posto in cui convivevano tribù primitive, alberi pullulanti di creature mistiche con reattori al posto delle radici, castelli medievali che celavano fucili laser. Il possibile e l'impossibile si alternavano in un equilibrio paradossalmente sorretto dal libero delirio artistico.

Sono le stesse sensazioni sprigionate dai giochi Ace Team, che in Abyss Odyssey trovano anche una forma ludica riconducibile al classico Psygnosis, di base un beat'em up con inquadratura laterale e scorrimento libero, che stavolta abbraccia le regole dei roguelike e della generazione semi-casuale del sogno dello stregone, e per fortuna anche una giocabilità ed una difficoltà infinitamente più accessibili.

Quel che conta è che muovendosi si ritrovi quella sorpresa per il gusto estetico dell'impossibile, per uno stile così poche volte manifestatosi che non ha una definizione: sembra un po' steampunk, ma i suoi confini fantasy e sci-fi sono molto più estremi ed incoerenti.

Di seguito trovate la mia recensione e più in basso una live in cui ho (maldestramente) giocato anche ad Abyss Odyssey.





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