Steam e la sua nuova cultura del videogioco



Da almeno un decennio, sfiancato dall'ennesimo trasloco (che non fu di certo l'ultimo), decisi di dare un taglio alle console ed ai giochi in formato fisico. Devo confessare che in gioventù mi ero spesso servito dell'"eMule Shop" apprezzando non soltanto i, coff coff, prezzi vantaggiosi ma anche e soprattutto la leggerezza del virtuale e di quello che a suo modo era il cloud.

Non mi è mai piaciuto piratare, sin dalla posta di C+VG avevo compreso l'importanza che l'acquisto del gioco originale esercitasse sull'industria, ero consapevole che il computer del mio cuore, l'Amiga, ed i suoi talentuosissimi sviluppatori erano stati spesso danneggiati dall'illegalmente libera circolazione del software (sebbene ciò abbia portato altri benefici di cui magari parleremo un'altra volta). La fame di giocare ha tuttavia sempre vinto a mani basse sulla moralità che, diciamocelo, è una cosa sopravvalutata.

Appena giunta l'era degli Steam Sales, non ho più piratato nulla e, paradossalmente, ho giocato molto di più e meglio. Sapete com'è, per quanto un gioco possa costare poco, un minimo di selezione la fai e spendere dei soldi per qualcosa ti spinge ad approfondire, a provare meglio. Ed ho anche una perversa ostinazione nel voler completare giochi che non mi piacciono.


Questo percorso non è stato ovviamente solo il mio, è stato condiviso almeno in parte da milioni di giocatori e questo ha avviato un cambiamento radicale nella percezione del PC gaming e del videogioco in generale.



Per esempio, a partire dai prezzi. Nel 1995 acquistai Wing Commander III per la cifra di 172.000 lire, Gabriel Knight II a 160.000 e via di questo passo senza mai avere l'impressione che quelle cifre fossero esagerate. Erano megaproduzioni, quindi ok, ma la cosa cominciava ad infastidirmi molto quando magari un Egg Mania per Xbox costava 49 euro, idem per altri titoli a bassissimo budget.

Era il prezzo giusto per i videogiochi? No. Curiosamente, infatti, soltanto quando  determinate tipologie di prodotto è stato possibile venderle a prezzi più bassi, esse hanno goduto di una rinnovata dignità, e non vi cito tutto quanto spazia dagli shmup alle avventure grafiche.

The bigger is not better, o meglio non più dopo decenni in cui la qualità veniva identificata di pari passo con il budget della produzione, almeno nell'immaginario collettivo. Siamo lungi dall'aver completamente superato questo luogo comune, soprattutto nelle generazioni più giovani di giocatori, ma quantomeno alcuni tra recensori, "esperti", youtuber e blogger si dedicano con insistenza a tipologie di prodotti largamente ignorate in passato, rese celebri dall'indie gaming che senza neppure il minimo dubbio ha trovato in Steam (e ancora trova) l'alleato migliore, pur con le difficoltà di marketing e discoverability che il mercato propone in ognuna delle sue evoluzioni.



Di tutto quanto, però, ciò che mi ha forse più impressionato di Steam è il suo ecosistema, costituito da molteplici parti e diventato a tratti così grosso ed influente da sembrare un'attività talmente immersiva da acquisire dignità propria rispetto al semplice videogioco.

Il cosiddetto Hub della Comunità cannibalizza tante cose, nel bene e nel male. In passato era mia abitudine aprire dei thread nel forum che più frequentavo per commentare magari il finale di un gioco con gli altri. Adesso lo faccio nel forum annesso di Steam, e ce n'è uno per ogni gioco con tutti i sub-thread annessi. Sempre in passato, in quei vecchi forum capitava di trovare 4-5 persone che avevano giocato lo stesso titolo nel caso si trattasse di una hit, voler parlare di qualcosa di nicchia poteva equivalere spesso ad un monologo. Sulle pagine di Steam c'è invece abbondante spazio, materiale ed utenti per chiedere aiuti sul walkthrough, risoluzione di problemi tecnici, interpretazioni della trama, curiosità di ogni tipo e, dulcis in fundo, qualche scambio con i diretti sviluppatori. Le distanze si sono accorciate e, meglio ancora, è stata ridotta al minimo possibile la frammentazione delle community legate al singolo gioco. È ancora possibile e bello discutere con gli amici magari su una pagina Facebook di qualcosa, ma consapevoli che la pagina del forum dedicato al gioco di Steam rimane un centro di gravità permanente dove le informazioni restano stipate per sempre, dei meravigliosi screenshot collezionati fino alla morte dei server, le recensioni degli utenti raccolte per essere consegnate ai posteri.

Già, le recensioni di Steam, argomento che ci ricollega ad un'altra cosa che, almeno un po', rischia di essere cannibalizzata: la critica videoludica ufficiale. Alzi la mano chi si fida ciecamente di un sito web specializzato. Spaziogames? Everyeye? Eurogamer? Vi fidate completamente degli articoli scritti?

Durante una breve collaborazione che ebbi con una delle principali testate web italiane, ci fu un'improvvisa carenza di recensori PC per un preciso lasso di tempo, tutti erano impegnati ed io ero appena arrivato. C'era questo codice della versione PC di Skyrim, voglio dire non proprio un giochino come gli altri, e incredibilmente nessuno aveva tempo di recensirlo presto. Io mi proposi, ma ero nuovo e mi dissero di aspettare: me l'avrebbero affidato in assenza di recensori big. Mi arrivò un'altra mail dicendomi circa "Ok, abbiamo risolto ma grazie lo stesso". A fine giornata era presente sul sito la recensione PC di Skyrim, una delle primissime ad arrivare sull'internet italiano! Che grande risultato per il sito!




Lo sapete quanto ci vuole per recensire Skyrim? Ci metterei due giorni solo per pensare un articolo adeguato. Poi, il gioco è grosso. Howlongtobeat mi dice che servono almeno 32 ore per la main quest e 200 per vedere tutto. Con questi numeri, quanto può essere affidabile una recensione scritta in otto ore circa di una persona che ha 1. installato il gioco, 2. giocato qualche ora, 3. scritto l'articolo? Secondo me molto poco affidabile. Il problema però è che per questi siti è fondamentale pubblicare in determinate finestre temporali per una questione di click. L'onestà intellettuale viene preservata solo fino al punto in cui essa non va a ledere equilibri economici, ed è bene anche ricordare il ciclone abbattutosi su Gamespot quando una recensione con voto di 6/10 di Kane & Lynch mise in discussione importanti accordi commerciali con Eidos, crisi che si risolse con l'immediato licenziamento dell'editor dell'epoca.


Molto più in piccolo, basti vedere le marchette che certi piccoli sviluppatori italiani ti chiedono e riescono magari ad ottenere su siti importanti per capire come il sistema sia marcio anche dove i soldi c'entrano poco o forse nulla. È un male lontano, comunque, stando alla mia memoria almeno da quando uscivano le recensioni dell'Amiga su TGM o C+VG.

Tutto questo per dirvi che per me la critica videoludica "ufficiale" è superflua. Oggi m'importa solo del parere di amici (che magari su qualche sito ci scrivono pure, e anche bene) e del bilancio delle Steam Reviews. Queste come, chessò, Tripadvisor sono molto molto utili ma soffrono dell'umore della gente. Bisogna imparare a leggerle e sperare che il team di Gabe sia capace di escogitare qualche algoritmo veramente efficiente per un buon filtro. Ci stanno lavorando ed ho molto apprezzato la maniera in cui determinati recensori oggi godano di una precedenza nella visibilità.

Capite? In un futuro utopico la persona che avrà maggiore visibilità su Steam sarà quella che si è guadagnata il più alto favore tra gli utenti della stessa community, o probabilmente colui che oltre ad essere affidabile condivide con noi buona parte dei gusti. Il personal critic definitivo, anzi una serie di personal critic, e questo dal gioco più importante a quello più ignobile.


Tutta questa partecipazione, però, ha un requisito fondamentale: l'utilizzo di una tastiera per scrivere, scrivere e scrivere. In questo senso, Steam avrà sempre una marcia in più rispetto a qualsiasi community che possa aggregarsi attorno ad una console. Finisci di giocare e lì, proprio nel momento più caldo della tua esperienza, sei pronto per esprimerti e produrre contenuti di qualsiasi genere. La condivisione è davvero il potere dei giocatori, anche quando essa non è disciplinata, anche quando ci irrita per la sua banalità. È un potere che ci è stato consegnato da pochissimi anni e c'è bisogno di tempo perché il popolo impari ad utilizzarlo meglio, ma è materiale grezzo dal quale estrapolare un nuovo modo per fare cultura che spingerà (ed ha già spinto) la stessa critica specializzata a cambiare il proprio metodo di lavoro, ad indirizzarsi verso l'approfondimento più che verso la compilazione di una scheda voto.

Le riviste sono state di grande compagnia, ma quel modello culturale che proponevano, consumistico ed omologato, oggi non mi manca per niente. È tempo di evolversi.

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