[La Macchina del Tempo #123] NOVEMBRE 1982 (Parte III: computer vari)

Da questo momento, la Macchina del Tempo (decisamente la rubrica che preferite) ritorna anche ad una dimensione testuale dato che oltre al video in fondo pubblicherò anche il testo annesso. Quindi, buona lettura e buona visione!



Il lungo viaggio nel Novembre 1982 fa sosta in questa puntata presso i computer, per così dire, vari ed eventuali, piattaforme ludicamente meno appetite ad eccezione dello Spectrum in trampolino di lancio che comunque trova ancora pochi giochi.
Cominciamo dai computer della serie TRS-80, fra di essi molto diversi tra loro. Galax Attax gira solo sui TRS-80 CoCo, quelli basati su microprocessore 6809 e possibilità di grafica a colori. Dalle immagini è evidente come il gioco di riferimento sia per trarre ispirazione sia stato Galaxian, e ne è spuntato fuori un ottimo prodotto. La grafica è vivace e ricca, con nemici semplici ma disegnati chiaramente e nessuna particolare nota di flickering, il che indica un buon codice. Per non far mancare nulla all’occhio, è stato inserito anche un campo stellare che scorre in secondo piano che dona un minimo di spettacolo al tutto. L’audio è davvero molto semplice, ma Galax Attax è considerato un surrogato di Galaxian molto divertente.

Greg Zumwalt presenta tramite il publisher ASBC il suo gioco Offender. Ebbene sì, non ci vuole grande intuito per capirlo: si tratta di un altro gioco ispirato a Defender, anche se il suo titolo indica un termine opposto. È solo un piccolo dettaglio di sceneggiatura, tuttavia impatta leggermente anche sul gameplay. Se il Defender della Williams ci chiedeva di risparmiare ed eventualmente salvare le persone sulla superficie, qui esse sono ostili e possono anche fare fuoco. Per il resto, abbiamo una struttura identica, ma sempre alla moda e il giovane TRS-80 CoCo aveva bisogno di prodotti del genere. La grafica è veloce e in relativa alta risoluzione, ma disegnata in maniera molto semplice e quasi monocromatica, dato che il poco colore viene ottenuto esclusivamente tramite un trick sul segnale NTSC, alla pari di quanto avveniva sulla grafica Apple II.

Cambiamo computer e dedichiamoci all’unica uscita per Acorn Atom, chiamata Omega Mission. Questa macchina inglese non aveva una grandissima vocazione videoludica, pur avendo ricevuto del software dedicato a volte più che dignitoso, ma spesso girava in monocromia per poter utilizzare l’alta risoluzione così disponibile. Omega Mission, invece, preferisce il colore, ma questo significa accettare la tremenda definizione video di 64x64 pixel che poi andava ad appena quattro colori. Il gameplay è quello degli sparatutto a scorrimento orizzontale: noi controlliamo un mezzo che non si trova nello spazio, ma più verosimilmente in tunnel sotterranei. Può sparare ai nemici o ad altri oggetti pericolosi per raggiungere la fine del livello, ma sono proprio le pareti dei tunnel a costituire un rilevante pericolo. Curioso come alla fine del gioco si giunga ad una parete senza uscita sulla quale schiantarsi per forza di cose.

Altro salto di computer, ma sempre in casa Acorn. Il BBC Micro conosceva una notevole penetrazione nelle abitazioni inglesi e di certo non era usato solo a fini di edutainment. La stessa Acorn produceva molti giochi e tra questi vi era Defender, chiamato esattamente così pur essendo sprovvisto di una licenza ufficiale. Il gioco era incredibilmente simile alla sua controparte coin-op, quindi uno sparatutto a scorrimento orizzontale libero in cui il giocatore doveva liberare le aree da ogni nemici, possibilmente salvaguardando la vita degli astronauti appostati sulla superficie del pianeta. Defender per BBC Micro era tecnicamente così impressionante da imporsi come una delle trasposizioni in assoluto più valide, ma questo irritò enormemente la Williams che costrinse la Acorn a rinominare il titolo in Planetoid. Aldilà di questo, nessuna modifica è stata apportata al codice, con somma gioia dell’utenza.

Saprete bene, se seguite da un po’ questa rubrica, che i vecchi computer ad 8-bit sono pieni di software a volte semplicemente rotto o assurdamente difficile. Xanadu Adventure è tra questi. È un gioco testuale, chiaramente ispirato a Colossal Cave Adventure, il quale era un titolo che, versione dopo versione, era diventato piuttosto rifinito, mentre Xanadu Adventure è davvero barbaro, al punto che pare non essere stato completato da nessuno. L’obiettivo è quello di trovare dei tesori disseminati in un labirinto, ma alle difficoltà standard si aggiunge la dislocazione casuale di ogni oggetto del gioco, il che costringe il giocatore a rifare da zero le proprie mappe ad ogni partita. Anche i nemici si manifestano a caso, e la cosa peggiore è che le armi possono rompersi durante i combattimenti, il che costringerà il giocatore a scappare e tornare indietro fino al fabbro. Nonostante tutto questo, può risultare affascinante agli occhi di chi apprezza i giochi testuali particolarmente estremi.

Saltiamo sulle magiche macchine di Sir Clive Sinclair per dedicarci allo Spectrum, che per il momento è ancora alle prese con tanti cloni di giochi importanti. Sebbene non più una primizia, Space Invaders rimaneva tra i coin-op più famosi e la richiesta di titoli ad esso ispirati di certo non mancava, ma cominciavano a girarne un po’ troppi. Space Raiders della Psion fa ciò che si può per rendere onore all’originale, magari coadiuvandolo con qualche piccolo orpello in più. Innanzitutto, il riferimento è stato Space Invaders Part II, versione leggermente più evoluta che introduceva il colore, distribuito diversamente ogni due file di alieni proprio come in questo titolo per Spectrum. Il gameplay è molto rifinito e appena meno frenetico di quanto visto in sala giochi. Carine le piccole animazioni aggiuntive qua e là, che definiscono sì un clone di Space Invaders, ma tra i più volenterosi.

Cosa dire nella descrizione di un altro clone di Space Invaders per Spectrum? Per fortuna, questo della Quicksilva ha un interessante aneddoto che lo riguarda. Questo publisher, infatti, che fu tra i più attivi della prima ora del computer Sinclair, dichiara che questo Space Intruders sia stata la prima pubblicazione commerciale per la piattaforma. In questa rubrica ci basiamo sempre sulle recensioni delle riviste ed è la prima volta che lo incontriamo, ma potrebbe essere vero. Di sicuro, non è il clone di Space Invaders con la grafica migliore, la quale vanta pochi colori ma una personalizzazione più avanzata degli elementi, con alieni piccoli ma dal design originale, ed anche in basso i vari ripari sono stati rimpiazzati con palazzi che potranno proteggerci dal fuoco nemico. Equilibrato e godibile il gameplay.

Creare varietà nell’ambito dei maze game non era facile. Da un lato c’erano macchine che con i propri limiti tecnologici incoraggiavano un game design basato sulla schermata fissa, dall’altro molti utenti che cominciavano giustamente a seccarsi di imitazioni puntualmente inferiori agli originali. La brillante Bug-Byte propone la sua ricetta con Specters ed immagina un povero elettricista alle prese con un palazzo infestato da fantasmi. È stato pagato per cambiare tutte le lampadine dei corridoi, quindi si fa coraggio e procede, per fortuna i fantasmi sono sensibilissimi alla luce. Muovendosi nel labirinto, il protagonista installerà le lampadine e raggiungendo un apposito oggetto le accenderà, causando fastidi a tutti i fantasmi sul percorso. Non sembra molto diverso da Pac-Man ma in realtà il gameplay richiede strategie diverse e così si ottiene un sentore di novità.

In questi primissimi passi dello Spectrum già nascevano le prime serie, come la Third Continent della Carnell Software, e l’autore dei giochi era proprio l’omonimo proprietario Roy Carnell. Non sono prodotti facili da approcciare, dato che la complessità dei comandi richiederà al giocatore di tenere sempre sott’occhio la mappa, nonostante l’interfaccia avrebbe potuto essere molto più intuitiva. Il compito in Black Crystal è sempre quello di salvare il mondo di turno da una terribile magia, e questo andrà fatto esplorando il territorio, affrontando temibili bestie e, non da ultimo, risolvendo fondamentali enigmi. Ci sono sette mappe, alcune piuttosto estese, tutte disegnate con elementi lillipuziani ed animazioni minimali. Tuttavia, l’obiettivo di Carnell era quello di regalare al giocatore un’avventura capace di concedere spazio per una buona immersione dal respiro à la Signore degli Anelli, e qualcuno tra i critici è rimasto effettivamente soddisfatto del gioco, che verrà in futuro convertito anche per C64.


Commenti

  1. Consiglio vivamente di inserire degli screenshot dei giochi trattati, altrimenti il discorso resta un po' troppo astratto.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

BLADE RUNNER: un po' di antipatico revisionismo

SUNSET: il canto del cigno dei Tale of Tales

LA MACCHINA DEL TEMPO #126: NOVEMBRE 1982 SU ATARI VCS